Basket Roseto, intervista con Nicola Mei

Uno dei più bei complimenti rivolti alla Visitroseto di quest’anno è quello di essere una squadra molto ‘rosetana’: perchè dà tutto quello che ha sul campo, perchè non risparmia mai uno sforzo o una goccia di sudore, perchè è riuscita a creare un feeling speciale con la propria gente. L’emblema di tutto questo è probabilmente Nicola Mei, che da toscano purosangue incarna al meglio queste caratteristiche ed è saputo entrare subito nel cuore dei tifosi biancazzurri: deputato a spaccare le partite uscendo dalla panchina, il suo contributo quest’anno non è mai mancato, che si tratti di segnare una tripla da otto metri, incollarsi all’avversario più pericoloso o trascinare compagni e pubblico con la sua infinita energia.
Tra i leader emotivi del gruppo fin dagli albori di questa stagione, la sua carica e positività hanno contagiato un po’ tutti, ed i risultati sono evidenti: oggi lo conosciamo un po’ meglio, cercando di scoprire com’è nato questo legame così speciale con Roseto oltre alle sue tante passioni extra-cestistiche, e le persone che più lo aiutano quotidianamente a tirare fuori il meglio di se stesso. Buona lettura!

Hai stretto fin da subito un legame speciale con i tifosi biancazzurri, di cui sei un vero e proprio beniamino: com’è nato questo grande feeling con la piazza?
Mi sono sempre trovato bene in tutti i posti dove ho giocato, anche perché sono una persona a cui piace socializzare e ‘vivere’ il luogo in cui si trova, ma qui a Roseto c’è indubbiamente qualcosa di speciale. La gente ti dà una spinta in più, giocare al PalaMaggetti è uno spettacolo: ogni giocatore di pallacanestro desidera giocare con un pubblico così, e soprattutto quando le cose vanno bene questo rende tutto più facile ed entusiasmante.
Ora tutto sembra semplice, ma questa stagione era iniziata con ben altri presupposti. Tu però sei stato uno di quelli che ci ha sempre creduto, trascinando il gruppo anche in quei momenti di difficoltà …
Credo molto nel lavoro quotidiano, che alla lunga solitamente paga: in questo caso è stato così. All’inizio ho cercato di sdrammatizzare, anche se un po’ di preoccupazione c’era: d’altronde questo è il nostro lavoro, e soprattutto per me che lo prendo molto a cuore (forse persino troppo) è inevitabile pensarci. Dopo il torneo di Campli onestamente ero un po’ sconfortato, anche se non dobbiamo dimenticarci che in preseason eravamo tutta un’altra squadra, senza due giocatori e cambiandone un altro. Però ho cercato di infondere sempre positività, sopperendo con un sorriso a qualche faccia triste: ‘Vedrete che le cose arriveranno’ era il messaggio che cercavo di trasmettere. E alla fine sono arrivate …  All’esordio di Verona eravamo oggettivamente indietro rispetto alle altre, ma quella bellissima vittoria ci ha dato una grande spinta di entusiasmo: poi siamo stati bravi tutti, giocatori, allenatore, staff e società nel continuare a lavorare duro, senza montarci la testa, credendo sempre in noi stessi e trasformando questa energia in consapevolezza dei nostri mezzi.
Uscendo dalla panchina riesci sempre a dare una scossa alla squadra, sia in attacco che a livello difensivo e di intensità: come ti trovi nella veste di sesto uomo?
Solitamente ero abituato a partire in quintetto, a parte gli anni di Serie A che probabilmente mi sono serviti proprio ad avere la giusta maturità e farmi sempre trovare pronto. Qui ovviamente ho un ruolo diverso e più importante, in cui sono chiamato a produrre sempre qualcosa: inizialmente non è stato facilissimo adattarsi, più che altro perché sono uno che sente molto la partita, e dopo il riscaldamento con l’adrenalina a mille vorrebbe subito scendere in campo. Allo stesso tempo però, quei minuti iniziali di panchina mi servono a ‘studiare la partita’, e capire di cosa ha bisogno la squadra: con il tempo è un ruolo in cui mi sono calato sempre di più.
Quanta differenza c’è tra questa Visitroseto.it e le ‘grandi’ del campionato?
La principale sono le ambizioni: rispetto a noi, queste società sono partite con budget diversi ed il chiaro obiettivo di una stagione al vertice. Non sempre basta, anzi: tante squadre che hanno speso più di noi sono indietro in classifica, perché poi è il campo a parlare e non la carta. Però le big del girone sono abituate a lottare per i primissimi posti, ed a costruire squadre di questo livello: non credo sia un caso che Treviso, tanto per citarne una, ogni anno si trovi in quelle posizioni. Noi abbiamo certamente meno pressione ma continueremo a sfidare tutti a viso aperto, come sempre fatto quest’anno, ed alla fine vedremo dove saremo arrivati.
Riavvolgendo il nastro della tua carriera, non sei mai rimasto due anni di fila nella stessa squadra: Roseto potrebbe essere la prima eccezione?
Il motivo è dovuto a un insieme di situazioni: a volte le società hanno avuto dei problemi, mentre soprattutto a inizio carriera il fatto di aver subito due gravi infortuni purtroppo ha pesato, altre ancora sono stato io a voler cambiare. Qui sto benissimo: mi piace il posto, l’ambiente e come si lavora, per chi come me ama la pallacanestro c’è pane per i propri denti. Però il mio futuro è la partita di Jesi, a tutto il resto si penserà a tempo debito!
Hai militato per due stagioni in Serie A: quanta differenza c’è tra i due campionati, ed è un tuo obiettivo tornarci o preferisci essere maggiormente protagonista al piano di sotto?
Le differenze ci sono, soprattutto a livello di fisicità e cura dei dettagli: un ulteriore step in questo senso l’ho notato poi giocando l’Eurocup con Varese. E’ altrettanto vero che molti giocatori hanno fatto meglio in una categoria superiore, piuttosto che quando sono scesi: in generale, tutti ambiscono sempre al massimo e quindi mi piacerebbe tornarci, ma a condizione di avere un ruolo definito e sentirmi importante all’interno di quella squadra, che per un giocatore è l’aspetto basilare prima ancora della categoria in cui si milita. Per questo, onestamente non ci penso molto.
Fuori dal campo, una delle tue grandi passioni è legata ai cani.
Me l’ha trasmessa mio nonno: da piccolo quando andavo a giocare da lui ce n’era uno di nome Pippo, che adoravo: così l’ho sempre chiesto a mia mamma senza successo, più che altro perché si rendeva conto che grande impegno sia tenerne uno. Quando poi sono diventato indipendente e responsabile è arrivato Elio, ormai una parte integrante della mia vita, e lei mi aiuta nei momenti in cui non riesco a badargli, ad esempio nella fase di preparazione al campionato: è diventato a tutti gli effetti un membro della famiglia!
Anche la fotografia occupa molto del tuo tempo libero …
Ho sempre avuto questa grande passione per la fotografia, in tutte le sue sfaccettature: scattare, guardare, condividere. Frequentando vari corsi è aumentata sempre di più: adoro fotografare ed interagire con le persone, provando a trasmetter loro quello che vedo io negli scatti.
Quest’anno hai trovato anche l’amore, grazie alla tua fidanzata Gea: quanto è cambiata la tua vita con questo rapporto?
E’ stata una cosa tanto bella quanto sorprendente, anche per com’è nata. La sua presenza per me è davvero fondamentale, soprattutto in quei normali momenti in cui sei un po’ giù ed hai bisogno di una persona che ti stia accanto: prima di conoscerla li affrontavo da solo, ora c’è lei che sa darmi una parola di conforto e magari anche bacchettarmi se ce n’è il bisogno. In lei vedo una parte di me, mi ha regalato tantissima stabilità ed ogni giorno contribuisce a rendermi più sereno: sono dell’idea che le cose buone portino altre cose buone, e lei me ne ha regalate e continua a regalarmene moltissime.
Un pregio ed un difetto che ti riconosci?
La testardaggine, che può essere inquadrata in entrambe le maniere: finchè non sbatto la testa su qualcosa, anche sapendo che è sbagliata devo farla in prima persona. Spesso non mi fido degli altri e magari quando lo faccio sbaglio, ma allo stesso tempo se voglio davvero una cosa sono capace di smuovere anche le montagne: quando dopo il secondo crociato rotto mi dissero che avrei dovuto giocare a basket solo per passione continuando a studiare non ne ho voluto sapere, e l’anno dopo mi convocarono nella Nazionale Sperimentale. In questo caso, quindi, la mia testardaggine ha avuto un risvolto molto positivo.
In ogni posto dove sei stato avrai stretto legami forti a livello umano, che sono proseguiti anche dopo averlo lasciato: della tua esperienza qui a Roseto chi porterai sempre nel tuo cuore?
A livello di squadra, e non è una frase fatta, davvero tutti. Noi da agosto ci troviamo tutti i giorni insieme a colazione, pranzo, allenamento, cena: si diventa davvero una famiglia. Come ovvio che sia durante un anno qualche discussione può nascere, ma posso davvero garantire che esiste un feeling speciale fra tutto il gruppo: cerco di prendere il meglio da ogni persona, con ognuna ovviamente ci sono interessi o argomenti diversi da condividere ed è anche questo il bello, ma sono tutti ragazzi d’oro. Americani ovviamente compresi: sotto questo punto di vista siamo stati anche fortunati perché hanno un’educazione ed impostazione di  un certo livello, e poi siamo stati bravi noi (intesi anche come società e città) nell’accoglierli ed integrarli al meglio. A livello di empatia non c’è alcuna differenza tra loro e noi italiani, ed anche in questo l’essere sempre a pranzo e cena insieme ha dato una grande mano nel creare un ambiente così familiare.
Anche fuori dal gruppo-squadra però hai conosciuto persone importanti.
Sì, a cominciare da Antonio ‘Lu Boja’ che al di là dei modi apparentemente scorbutici è una persona dal cuore enorme come mi ha dimostrato tante volte. All’inizio avevo legato con ‘SuperMario’ che però da diversi mesi è sparito, ed ovviamente Berardo Quatraccioni che è un’altra persona vera a cui voglio molto bene: in generale, è bello vedere come qui le persone con cui ti rapporti quotidianamente riescano a darti così tanto a livello umano.
Cosa ti piace più di Roseto intesa come posto?
L’attaccamento alla pallacanestro è bellissimo, anche se poi in questi casi c’è il rovescio della medaglia di avere 4000 allenatori, 4000 giocatori, 4000 procuratori e tutti sanno tutto di tutti: ma fa parte del gioco, e va benissimo così. E’ un paese sul mare dove si sta benissimo, in tutto e per tutto: quando c’è una bella giornata basta fare una passeggiata per ricaricare le pile e godersi lo spettacolo. Probabilmente potrebbe essere valorizzata di più a livello turistico, anche se d’Estate è già molto frequentata: il potenziale però è ancora più ampio, e questo discorso vale un po’ per tutto l’Abruzzo.
A proposito di luoghi e viaggi, il posto più bello che hai visitato e quello dove passerai le prossime vacanze estive.
Quello che mi ha colpito più è il Marocco: hanno colori, tradizioni e profumi molto particolari. Tornando anche all’aspetto fotografico spesso si pensa a un odore che ti ricorda un’immagine, e viceversa: in questo caso è stato davvero così. Per quanto riguarda quest’estate, con Gea stiamo ancora decidendo: Thailandia, Cuba e Brasile sono alcune delle opzioni, ma spero di doverci pensare il più tardi possibile perché il mio unico vero pensiero ora è quello di finire nel migliore dei modi questa stagione così speciale!